LE BUCHE DEL QUARTIERE  (E DI ROMA)

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Da parte di alcuni residenti ci viene richiesto perché non si riesca a far riparare le buche del quartiere.  In realtà la domanda, sulla quale molti quotidianamente si arrovellano, riguarda tutta Roma: perché le buche ecc. ecc.

La risposta la troviamo sugli organi di stampa cittadina che, per quanto riguarda almeno il presente e l’immediato futuro, hanno posto il dito sulle “difficolta di assegnare l’appalto di  riparazione del manto stradale per i singoli municipi (in precedenza l’appalto  era unico per tutta Roma) per oggettive difficoltà legate alle note vicende di  mafia capitale”.

 
Sin qui infatti i vincitori dei bandi succeditisi nel tempo se li sono aggiudicati “al massimo ribasso”.  Una pratica, questa, che ha fatto sì che le ditte aggiudicatarie, una volta incassato il “malloppo”, non pensassero affatto a garantire gli standard di servizio richiesti dal bando, usando per di più lavoratori in nero, sottopagati e senza contributi, per poi magari strumentalmente fallire.
 
Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità Anticorruzione e l’ex Sindaco Marino, hanno finalmente cambiato le regole: chi si aggiudica la gara, deve dimostrare che per
tutta la durata del bando sarà in grado di  garantire gli standard di servizio richiesti, che  si avvarrà di lavoratori in regola, che verserà i contributi di legge, etc…

Se non lo dimostra, ed è quello che sta succedendo, i funzionari del Comune  procedono alla revoca della gara e chiamano la ditta  seconda classificata. E  l’iter si ripete: se anche questa non è in grado, si convoca la terza ditta e così via.

Ad oggi, solo per alcuni municipio l’iter si è concluso e i lavori appaltati.

 
Per il nostro. Municipio, ad oggi,  la matassa non si è ancora sbrogliata. Speriamo che avvenga a breve.
Quanto detto non ci farà svegliare una di queste mattine con il prodigio delle buche scomparse (che nel frattempo crescono di numero), ma forse, (il dubitativo è d’obbligo), a breve potremo disporre di interventi fatti a regola d’arte. Non ad opere d’arte, ma secondo le più elementari regole di un buon lavoro.
E non rischiare di rompersi l’osso del collo o, meno drammaticamente, le sospensioni dell’auto.